Giovanni da Mantova: un laico dedito all’esegesi

Se oggi dedicarsi al’esegesi pur non essendo religiosi è un fatto abbastanza comune, di certo non lo era ai tempi di Giovanni da Mantova, un laico nato nell’XI secolo che aveva saputo conquistare la fiducia della contessa Matilde di Canossa al punto da divenire il suo consigliere spirituale, seppure non avesse mai preso i voti.
Questa è la sua storia.
Le notizie su Giovanni da Mantova
Le notizie di questo studioso e interprete di testi sacri sono davvero molto scarne, tanto che si è venuti a conoscenza del suo lavoro grazie a un solo manoscritto dell’inizio del XII secolo, oggi conservato a Berlino. L’antico testo contiene il commento del Cantico dei Cantici e una raccolta di versi commentati del Vangelo secondo Luca dedicati alla Vergine e denominata Liber de sancta Maria. È proprio grazie a questi due testi che si possono trarre le uniche informazioni su Giovanni da Mantova e ciò che emerge immediatamente è il fatto che l’autore non era un religioso o, quantomeno, non lo era nel momento in cui scrisse le sue opere. Lui stesso, nel prologo del suo commento, afferma di essere come “rotam mundi non abhorrens”, mentre rivela anche di avere una moglie.
Se nulla si conosce della sua vita personale, quello che però è chiaro è il suo legame con la corte di Canossa, tanto che è sempre lui che afferma di aver intrapreso il commento al Cantico dei Cantici proprio per rafforzare l’animo della contessa in quegli anni sottoposta a una dura prova. Era in quel periodo, infatti, che lo scontro tra l’imperatore Enrico IV e la nobile italiana raggiungeva il culmine e la collocazione temporale dell’opera è stata molto semplice visto che i riferimenti agli eventi e ai personaggi contemporanei sono numerosi. Proprio grazie a ciò, il massimo studioso di Giovanni da Mantova, Bischoff, è riuscito a stabilire che il commento al Cantico dei Cantici è stato scritto tra la primavera del 1081 e l’autunno del 1083.
L’intento dell’opera è chiaro: Giovanni intendeva dare forza alla contessa di Canossa per il lungo conflitto che la opponeva all’imperatore di Germania. Non è come si può più facilmente pensare, una dichiarazione amorosa, come quella per esempio di classici come il Canzoniere di Petrarca.
L’analisi sul Cantico dei Cantici
Il testo riportato nel manoscritto di Berlino mostra diversi errori, si tratta sia di errori meccanici dovuti a un’errata trascrizione, sia di errate interpretazioni da parte dello stesso autore, permangono perciò alcuni dubbi sul fatto che Giovanni fosse realmente gramaticus, sebbene egli si definisse tale.
Nonostante lacune, errori e imprecisioni, il commento del Cantico dei Cantici rimane comunque un’opera di grande valore commissionata dalla stessa Matilde che desiderava essere introdotta alla contemplazione. Suddivisa in quattro libri, l’esegesi del Cantico pone dapprima l’attenzione sulla virtù dell’umiltà, essenziale per dedicarsi alla contemplazione, mentre nel secondo libro Giovanni da Mantova esalta la virtù della carità.
L’ispirazione dei primi due libri pare sia stata tratta da una lettera che papa Gregorio VII aveva indirizzato alla stessa contessa, una lettera riservata che Giovanni aveva potuto esaminare, a riprova della sua grande vicinanza con Matilde. Il terzo e il quarto libro puntano invece a giustificare l’azione militare di Matilde contro Enrico IV connotandola come un’azione mistica.
Per giustificare teologicamente le azioni militari di Matilde che, dopo la sconfitta di Volta Mantovana nel 1080, preparava un nuovo esercito per affrontare definitivamente Enrico IV, scontro avvenuto nel 1084 e che vide la vittoria della contessa a Sorbara, Giovanni da Mantova citava l’esempio di Martino di Tours.
Per l’autore era indubbio che la vita contemplativa godesse della supremazia su quella attiva, tuttavia portare l’esempio del vescovo Martino che, una volta assiso sulla cattedra vescovile, dovette rinunciare a gran parte della sua vita contemplativa per occuparsi del benessere dei suoi fedeli, era la giustificazione ideale per la contessa che difendeva il papa in nome della fede e che per farlo utilizzava le armi.
Il Liber de sancta Maria
Il breve scritto Liber de sancta Maria si propone invece di regalare alla contessa la visione dottrinale della figura della Vergine Maria: insomma, dopo aver affermato l’importanza della contemplazione e, nello stesso tempo anche l’urgenza di abbandonarla in favore dell’azione, in quest’opera Giovanni si limita a dare una propria interpretazione di alcuni passi del Vangelo di Luca.
In particolare, prende in esame gli episodi dell’annunciazione, della visita a Elisabetta e del Magnificat, ma anche in questo caso Giovanni ha tratto ispirazione da qualcuno: dai commenti di Origene e del Venerabile Beda.